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sabato 23 maggio 2020

I giorni delle ortensie blu



La galleria brulicava dei soliti personaggi strani e meno strani, quel giorno che l’uomo, di un’eleganza d’altri tempi, in completo firmato color cannella, seduto a un tavolo del Biffi, si era messo a urlare il nome di Maria, spogliandosi di ogni eleganza.
Il suo grido aveva fatto il giro dell’Ottagono e i quattro continenti  si erano avvicinati fino a riunirsi nell’antica pangea dove il colore del dolore è uno solo, nero come il buco dello spaziotempo.
Piero, il ragazzo del bar, si era impietrito con lo scontrino del conto in mano e l’affanno dei marmi dopo i bombardamenti nel petto.
Se n’era andata così, senza un saluto, senza una parola. Un attimo prima beveva il suo tè e un attimo dopo non c’era altro che il suo nome urlato alla croce dei bracci.
Da sei mesi, ogni domenica mattina, l’uomo con il completo color cannella arriva da solo allo stesso bar, siede allo stesso tavolo ed ordina la stessa colazione per due. Le ortensie al centro della galleria, lo osservano con occhi di madonna.
-Non si va via così- confida a Piero una mattina che le ortensie sono sparite dietro una folla di turisti più compatta del solito. -Trent’anni non bastano a imparare che i calzini sporchi vanno messi nel cesto della biancheria sporca, e non sotto il letto. Né a capire su quale fianco devi dormire per russare di meno e non svegliarla. Trent’anni non bastano a imparare la lingua che parla la tua donna, i suoi silenzi che non sono spazi vuoti ma suoni, parole come perle di pietà. Che certi no vogliono dire forse, che ci sono carezze che sono un invito ed altre che vogliono restare solo carezze.
E adesso tutto quello spazio vuoto nella casa, negli armadi, nel bagno. Dopo trent’anni non sai più che fartene. Impari così bene a riunire i tuoi abiti nella tua metà del guardaroba, gli oggetti da toilette nella tua metà del pensile da bagno, i tuoi libri nella tua metà di libreria.
Impieghi trent’anni per imparare ad essere solo una metà, e poi lei se ne va.-

Per un ragazzo che serve ai tavoli, contratto a termine rinnovabile, il tempo è questione di riuscire a pagare l’affitto alla fine del mese. Non puoi prenderti il lusso che di una panoramica della clientela ai tavoli, senza inquadrare alcun volto, o colore di pelle, forma di occhi. Ma l’uomo col vestito color cannella è diverso dagli altri. Arriva da solo, ordina per due persone e non consuma nemmeno per uno. Resta fermo due ore, immobile a guardare le ortensie, dalle dieci a mezzogiorno, chiede il conto paga e va via.
La cosa si ripete ogni domenica, ormai da sei mesi. Nonostante l’urgenza dell’efficienza coatta di un contratto a termine indefinito, Piero riesce a ritagliarsi per quell’uomo, così diverso dagli altri, uno sguincio di simpatia, un’obliquità empatica che non glielo fa perdere di vista un istante. La sua presenza domenicale al caffè è una sorta di appuntamento che gli alleggerisce il turno del lavoro festivo.
Anche adesso gli sta riservando l’attenzione alternata del suo occhio sbieco e ne anticipa le mosse sullo scorrere delle lancette dell’orologio da polso.
Tra poco metterà sul tavolo i soliti venti euro, gli farà un cenno con la mano e senza attendere il resto si perderà nella folla di turisti e ortensie, passando sotto l’impalcatura che da lì non si vede ma c’è, l’ha fissata per ore, immerso in un dialogo silenzioso col fantasma precipitato per caso o per volontà.
Ma quella domenica non accade. Mezzogiorno è passato da un pezzo, la lancetta dei minuti ha già percorso un quarto della solita circonferenza senza inizio né fine, e l’uomo è ancora seduto. Fissa le ortensie e sorride sotto il leone dell’Africa. Finalmente sorride.
Deve aver visto Maria, pensa d’istinto Piero. Anzi no, non lo pensa, la vede con gli stessi occhi sgranati dell’uomo cannella.
E’ la donna alta, magra, leggera sotto una cornice di capelli bianchi lievemente arruffati sulla fronte. Avanza lentamente, col suo portamento elegante, sorvolando passanti di ogni nazionalità e si ferma al suo tavolo. L’uomo si alza, le bacia la mano, non osa nemmeno sfiorarla, non sa se è vera ma sa perché è tornata.
Non ha occhi che per lei, lo si intuisce da come drizza il capo, dal sussulto che ha nel petto, dal lampo nello sguardo che non sfugge al ragazzo del bar. La galleria gronda di turisti e la domenica lenta cammina in discesa.
Piero si avvicina all'uomo, vorrebbe toccarlo, ma a un ragazzo che serve ai tavoli non è permesso
- Va tutto bene, signore? Signore! Ma come, si va via così?-

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