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sabato 23 maggio 2020

Il deserto del Gobbo







22-03-3333

La traversata in solitaria del deserto del Gobbo è giunta al suo sesto giorno ( più o meno). 
Di tanto in tanto ho intravisto il lume di qualche pellegrino che condivideva la stessa dimensione ma sono stati pochi i contatti lungo lo stesso percorso. Il deserto è vasto e ogni viandante procede con la propria mappa personale che raramente coincide con quella di qualche altro. 
Stanotte ha piovuto e stamane, quando ho ripreso il cammino, ho avuto il mio bel da fare a scansare i millepiedi richiamati in superficie dall’acqua. Non so se sono riuscita ad evitare tutte le loro estremità… ne hanno così tante! 
Sin dal primo giorno che ho intrapreso il viaggio, ogni notte è venuto a trovarmi un sogno. 
Stanotte ho sognato il mio cane alla guida di una smart grigio topo. Veramente era bicolore in due tonalità di grigio, una più chiara quasi argento e il topo stava di fianco.. Il bello è che parlava pure, il cane non il topo, e mangiava un cono gelato. Con una mano - pardon, zampa –teneva il volante e con l’altra il cono. Io l’ho avvisato che era un’imprudenza e che la ferrea regola del codice stradale l’avrebbe multato salatamente, se non addirittura punito col ritiro della patente ma non è stato a sentirmi. Si è leccato quel cono fino all’ultima colatura di vaniglia e poi ha detto ah che buono ci voleva proprio e proprio sulla parola proprio abbiamo fatto l’incidente col botto contro la staccionata di una fattoria…non vi dico l’urlo delle galline. Per fortuna siamo usciti tutti illesi compresi la smart, cosa che può accadere solo in un sogno.
Ora ci sarebbe da fare l’analisi del sogno, che, come si sa, è sempre una voce dell’inconscio, ma lascerò il compito ad una mia amica che se ne intende, quando e se avrò voglia di raccontarglielo.
Per adesso è meglio concentrarsi sulla marcia di quest’altra giornata finché c’è luce. Fa così in fretta il giorno a morire! Le lancette si spostano sul quadrante senza che uno se ne accorge e i fogli di calendario si ammucchiano nella raccolta differenziata di carta e cartone.
E ci sarebbe il pollo da mettere in forno


18-04-3333

La traversata del deserto sembra non avere mai fine. 
La luna ha compiuto il suo ciclo e stanotte sarà di nuovo spenta come il giorno in cui ho intrapreso il viaggio. Le notti saranno più buie.
Ho notato l’abbassamento di luce delle ultime settimane. Il cielo da queste parti splende sempre di stelle, ognuna sembra voler dire qualcosa ma è solo con la luna piena che tutto sembra più chiaro e persino le stelle sembrano brillare di più.
Non riesco ad abituarmi al buio e al silenzio. A metà del percorso i pellegrini visti in lontananza nei primi giorni si sono fatti più numerosi e vicini. E’ accaduto nelle notti di luna piena ed è stato incoraggiante. 
Sotto la luce della gibbosa calante anche i pellegrini hanno iniziato a decrescere fino a scomparire del tutto come il satellite in cielo in questo novilunio.
Stanotte non ci sarà luna, le stelle brillano parole che la luna non raccoglierà. 
Il silenzio è stato totale sin dalle prime ore dell’alba e il giorno volge al termine. A breve scenderà la notte, una notte di stelle parlanti senza luna in cielo.
Ma ce l’avrà una fine il deserto del Gobbo? 
Sto attraversandolo senza distogliere lo sguardo dall’obiettivo, così da non perdermi niente di tutto ciò che vi si è generato sopra, segnale dopo segnale. La stanchezza inizia a farsi sentire e non ho più avuto la visita di nemmeno un sogno, uno di quelli che valga la pena di ricordare.
L’aridità è stazionaria. Il refrigerio passeggero.
Ci vorrebbe un congelatore. Stasera mi andrebbe una pizza, anche surgelata.


04-05-3333

Ultimi giorni di traversata. Domani sarà plenilunio.
Intravedo all’orizzonte i fasci delle luci artificiali delle affollate metropoli, lampioni di strade percorse da gente in carne e ossa, a volte poca carne e tante ossa…Grattacieli, cemento, mattoni e fumi, vapori, veleni, rumori del mondo reale. 
Sul gobbo ho continuato a leggere parole vere di vite parallele e parole finte di vite vere e nessuna è caduta con rumore: sulla sabbia del deserto tutto ciò che scende non risuona, non riverbera, non contamina. Affonda e sprofonda fra le sabbie mobili del virtuale.
Ho intravisto di sfuggita gli uomini blu. I signori del deserto hanno percorso le loro distanze apparendo e scomparendo tra le dune mai ferme a dorso di navi del deserto dalla gobba smagrita, per una riserva di cibo dell’anima che forse è consumato. La tagelmust sul capo anche per mangiare e bere, sagome, profili, forme che sfidavano l’impalpabilità delle sabbie che tentano i pori, custodi di miti antichi che non possono sottrarsi alle contaminazioni delle entità collettive ai margini.
Il silenzio regna incontaminato tra gli scheletri di una rara vegetazione, il grido sporadico di qualche rapace sorvola la sconfinata distesa ma non plana, lo sconforto regna anche fra gli scorpioni che non percepiscono più vibrazioni a cui dirigersi.
Domani sarà luna piena. Forse ruggirà un leone controluna, forse correrà una gazzella controluce. Forse uno inseguirà l’altra e l’altra lo sfuggirà in questo continuo immobile rincorrersi di verbo nel deserto del gobbo.
Nella distanza, il posto di mezzo. Ci vorrebbe il vento ma non saprei dove metterlo, ho uno zaino di sabbia compressa dove non entra più neanche il fiato di una sinestesia.

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