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A Luigi- silloge breve

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domenica 17 maggio 2020

Tentazioni ( Racconto breve )


Il vecchio agitò il campanello con l’angelo per la terza volta e senza attendere risposta iniziò a recitare la solita sfilza di insulti che avrebbe fatto drizzare i peli della barba anche a un ergastolano incallito e colpevole dei più efferati delitti.

Il braccio molle e rinsecchito pareva prendere energia dall’angelo che fungeva da maniglia e il batacchio si agitava come in preda al ballo di San Vito, ma quella buona a nulla della badante continuava a non sentire. Si divertiva a farlo aspettare. Come se lui fosse rimbambito e non capiva.

“Lisa, porca troia, dove sei finita?”  Si divertiva, la stronza.

Ah, ma lui non era ancora  rimbambito, se lo mettesse bene in zucca quella cagna dalla testa  più vuota della canna di un piffero. La sera prima  aveva pure insistito per fargli mettere il pannolone.

A lui, Michele Sera, il colonnello, il pannolone?

“Mettilo tu”, le aveva urlato. “ Io sono   perfettamente in grado di capire quando ho bisogno di andare in bagno”.

Certo, se lo mettesse lei il pannolone. Era grassa come un maiale, non ce la faceva più a camminare, lei sì che  rischiava davvero di farsela addosso prima di arrivare in bagno. Così le aveva risposto. E Lisa non aveva più insistito. Però adesso si stava vendicando, faceva finta di non sentire per fargliela pagare.

Ah, giuro che la faccio nel letto se tarda ancora un minuto, pensò,  chetandosi di colpo. Lo fece stare meglio il pensiero di tutto il da fare che le avrebbe dato se avesse bagnato il letto. Se lo sarebbe meritato quella sfaticata smidollata.

“Eccomi, smettila di suonare e di urlare. Che c’è?”

L'uomo non riuscì a trattenere la solita smorfia di ogni volta che se la trovava davanti.

“Ma guardati” l’apostrofò con disgusto, “ sei più gonfia di un pallone aerostatico, non ce la fai neanche a stare in piedi, tra un po’ ti metti a rotolare.”

Lisa aveva il fiatone e un sorriso inespressivo su un volto rubicondo ed enfio che però non riusciva a nascondere del tutto la  delicatezza dei lineamenti e la bellezza del tempo di gioventù.

“Smetti di agitare quel campanello, o farai innervosire i vicini”, gli aveva detto, calma.

“Quei bastardi figli di puttana”, aveva continuato ad urlare  lui in direzione della finestra, “ me lo fanno apposta”.

“Sono solo dei ragazzini che giocano al pallone, calmati.” La voce di Lisa era pacata e dolce, come se stesse parlando a un bambino svegliatosi  in preda a un incubo, come se lui non avesse appena pronunciato parole da incubo.

Percorsa  da sottili strisce di sole, la stanza sembrava  avere indosso la divisa di un detenuto. Lingue di luce e ombra  la attraversavano  per andare a  posarsi sul vecchio armadio  lungo la parete opposta.

Su quella linea di luce il colonnello in pensione tese il quadrante e guardò l’ora.  Le cinque in punto.  I colpi di pallone contro la facciata dell’edificio equivalevano a rintocchi  d’orologio.

“Ma io me ne frego se sono ragazzini, io vi sparo a tutti e vi faccio vedere chi è Michele Sera”.

Nel dirlo, estrasse da sotto il cuscino la beretta, l'aveva puntata contro la donna e aveva premuto il grilletto. Poi si era alzato dal letto e a piccoli passi, si era diretto alla finestra che dava sul cortile, dove cinque ragazzini giocavano a palla. Fermo sulle gambe aveva sparato altri cinque colpi di fila.

“Adesso avete capito chi sono io!?” aveva detto a denti stretti alla prigione della sua camera, mentre un rivolo caldo di pipì gli inzuppava i pantaloni del pigiama di cotone allargandosi in una pozza  sul materasso.

“Dammi quel revolver, Michele”  Lisa adesso si era avvicinata al letto e con delicatezza stava  togliendogli di mano la scacciacani giocattolo. “ Hai bagnato il letto” aveva aggiunto con la stessa voce tranquilla con cui avrebbe detto bravo a un bambino che avesse scritto per la prima volta una vocale sul quaderno. "Adesso ti porto il caffè e poi  ti  aiuto a cambiarti”

Era  tornata in cucina e aveva preparato una moka. Aveva sistemato una tazzina bianca e una zuccheriera a fiori  su un vassoio di plastica e aveva atteso davanti al fornello che il caffè salisse piano lungo il cilindro, con lo sguardo fisso sulla confezione di Veronal poggiata sulla mensola di fronte.

Quante pastiglie sarebbero servite? Tre? Cinque? Meglio qualcuna in più. Non si sarebbe neanche accorto.

Era rientrata nella camera del vecchio con la tazzina piena e il solito sorriso benevolo.

“Se non avessi te, angelo mio, non saprei come fare” le aveva detto con un sorriso quasi paterno, appena la figura di Lisa si era stagliata sulla soglia con il vassoio fra le mani.

“Bevilo con calma, Michele, poi ti aiuto ad alzarti e ti accompagno in bagno”.

Mentre il vecchio beveva il suo decaffeinato, era tornata in cucina, aveva preso la confezione di Veronal ancora sigillata e l’aveva spostata sul ripiano delle a_tentazioni, il più alto che c’era all’interno di un pensile lì a fianco.

3 commenti:

  1. Ahi, ahi, ahi! Si avvicina il tempo delle badanti!
    * Guarda che Michele Serra è del '54, è ancora giovane e potrebbe prendersela a male. Secondo me va meglio Michele Sgarra o qualcosa di simile, tanto la pipì se la fa lo stesso e le gocce, la sua dolce gazzella, gliele dà ugualmente!

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  2. Ops, ma quello di cui parlo io è un po' più vecchio, ok facciamo che il colonello mi diventa Sera, ma come mi diventa mi diventa ci sarà in giro un omonimo ahimè, spero non coetaneo

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  3. "Michele Sera" va benissimo.
    Ho controllato su Google: nessun giornalista coi dentini aguzzi!

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