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domenica 17 maggio 2020

Margot (Momenti di me)



Sono tornata al computer. Dovrei stare da un’altra parte, occuparmi di altro, della casa, di me della cena e invece eccomi di nuovo in fuga da me, febbricitante di illusioni, di disconnessioni impossibili. E tu mi segui. In questo spazio di effimere facciate, di costruzioni sceniche, di vuoti e di pieni, di fuochi artificiali, di effetti speciali, di illusioni virtuali. Potrei leggere un libro. Bussare alla vicina. Telefonare, c’è sempre qualcuno con cui sono in debito di una telefonata. Potrei rispondere al telefono che sta squillando. Potrei farmi una doccia. Mettere a posto l’armadio. Ci sono ancora gli abiti estivi nel posto sbagliato, è tempo di cappotti e anche loro sono nel posto sbagliato. Perché quando tutto s’è fermato c’era ancora aria d’estate nonostante fossimo già in ottobre e le foglie erano tutte appese ai rami come le magliette leggere e le gonne di tela nella parte bassa dell’armadio. Dovrei fare il polpettone.
E invece sono qui al computer. Tu sei lì sul letto alle mie spalle. Non ci sei, lo so, ma è come se fossi lì. Io scrivo e tu ti raggomitoli e aspetti.

Posso alzarmi e tu salti giù. Posso allungare una mano e carezzarti la testa sentire il fresco umido delle narici, la morbidezza del pelo intorno alle orecchie. Posso dirti andiamo a fare il polpettone. Posso piangere per favore? Mi manchi da morire. Cerco di capire. In fondo con te ogni discorso era un monologo, mi lasciavi a parlare da sola limitandoti a guardarmi. Come farebbe il muro di fronte a me. O lo specchio di là nel bagno.

Su dai che facciamo usciamo? Il muro non scodinzola. Lo sai che ci siamo dimenticate di pagare il bollo? Il muro non piega la testa da un lato come facevi tu quando non afferravi bene qualche concetto.

Il bollo dai non fare finta di non capire…se dico bistecca? Ah ecco vedi come drizzi le orecchie? Ci sarebbe che mi andrebbe di mettermi sul divano accanto a te, stasera. Poi dirti vado a letto tu cosa fai rimani? Guardare se c’è abbastanza acqua nella ciotola. Ascoltare il rumore dei tuoi passi cinque minuti dopo che mi sono messa sotto le coperte, sentirti rovistare il tappeto della cuccia, sbuffare un po’ per dire eccomi sono qua rilassati adesso dormi. Ci sarebbe che ti vorrei con tutte le mie forze. Vecchia e malata ma ancora ti vorrei .

Perché tu sei stata l’ultimo amore a cui m’ero aggrappata con tutte le mie forze e mi vergogno a dirlo, mi vergogno a piangere, mi vergogno a desiderarti ancora e ancora e ancora.

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